INPS – NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CIG E FONDI DETTATE DAL D.L. n. 18/2020

N. 142/2020 / CIRCOLARE / Prot. 164.2020 / SB
DIREZIONE
31 marzo 2020
Alle aziende associate
INPS – NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CIG E FONDI DETTATE DAL D.L. n. 18/2020
Facciamo seguito alla nostra precedente circolare in materia dello scorso 25/03 n. 114-2020 per informare che, l’Inps ha pubblicato la circolare n. 47/2020, che si allega alla presente, nella quale disciplina l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di CIG e fondi dettate dal DL n. 18/2020.
Nei fatti non sono molte le novità rispetto a quanto già diffuso con precedenti messaggi e circolari.
Provvediamo, per facilità di consultazione e di ricorso agli istituti in esame a riepilogare in modo sintetico quanto disposto dall’Istituto in materia:
La circolare conferma che l’evento della COVID19 è evento oggettivamente non evitabile. Le domande possono essere trasmesse con la nuova causale denominata COVID-19 nazionale, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 e per una durata massima di 9 settimane.
La CIGO con causale COVID-19 nazionale la possono richiedere tutti i datori di lavoro ricadenti nelle categorie previste dall’art. 10 del D. lgs. n. 148/2015 e l’Assegno Ordinario, con la medesima causale, lo possono richiedere i datori di lavoro con più di cinque dipendenti che non rientrano nell’ambito di applicazione del Titolo I del D. lgs n. 148/2015 (CIGO e CIGS) e che operano in settori in cui non sono stati costituiti fondi di solidarietà bilaterali o bilaterali alternativi (vedasi, rispettivamente, gli articoli 26, 27 e 40 del D. lgs. 148/2015) e che l’Istituto elenca in allegato 1 della circolare in parola.
Le domande di CIGO e AO si presentano per i lavoratori in forza al 23 febbraio 2020, anche in assenza di un’anzianità sull’unità operativa d’interesse pari ad almeno 90 giorni. L’Inps ricorda che, in questo caso, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e nei casi di lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa anche il periodo durante il quale il lavoratore stesso è stato impiegato presso il precedente datore di lavoro.
L’ammortizzatore sociale con causale COVID-19 nazionale non soggiace all’obbligo di pagamento del contributo addizionale di cui agli articoli 5, 29, comma 8, secondo periodo, e 33, comma 2, del D.lgs. n. 148/2015 e, ai fini del computo della durata, non rientra nel limite delle 52 settimane nel biennio mobile o delle 26 settimane nel biennio mobile per l’assegno ordinario garantito dal FIS. Inoltre, il trattamento in questione deroga sia al limite dei 24 mesi (30 mesi per le imprese del settore edile e lapideo) nel quinquennio mobile, previsto, per la durata massima complessiva dei trattamenti, dall’articolo 4 del D.lgs. n. 148/2015, sia al limite di 1/3 delle ore lavorabili di cui all’articolo 12, comma 5, del medesimo decreto legislativo. Pertanto -sottolinea l’INPS-, possono richiedere il trattamento di CIGO e di assegno ordinario con causale COVID-19 nazionale anche le aziende che hanno già raggiunto i limiti di cui sopra, (non potranno però chiedere la CIGD).
I periodi autorizzati con causale COVID-19 nazionale sono neutralizzati ai fini di successive richieste di CIGO e di assegno ordinario.
Le aziende che trasmettono domanda sono dispensate dall’osservanza dell’articolo 14 del D.lgs. n. 148/2015, fermo restando l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che devono essere svolti, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva. La dispensa dall’osservanza del citato articolo 14 comporta, in particolare, che le aziende non sono tenute all’adempimento di cui al comma 6 del medesimo articolo. Pertanto, all’atto della presentazione della domanda di concessione dell’integrazione salariale ordinaria e dell’assegno ordinario, non deve essere data comunicazione all’INPS dell’esecuzione degli adempimenti di cui sopra, e l’Istituto potrà procedere alla adozione del provvedimento autorizzatorio, ove rispettati tutti gli altri requisiti.
Il termine di presentazione delle domande con causale COVID-19 nazionale è la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. Per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa iniziati tra la data del 23 febbraio 2020 e la data di pubblicazione del messaggio INPS n. 1321/2020, ossia il 23 marzo 2020, il dies a quo coincide con quest’ultima e il periodo intercorrente tra la data del 23 febbraio 2020 e il 23 marzo 2020 è neutralizzato. Per gli eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa verificatisi dal giorno successivo al 23 marzo 2020 è individuato nella data di inizio dell’evento di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Le aziende non dovranno fornire alcuna prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa, né dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori. Quindi, l’azienda non deve allegare alla domanda la relazione tecnica di cui all’articolo 2 del D.M. n. 95442/2016, ma solo l’elenco dei lavoratori destinatari.
Ferma restando la possibilità per l’azienda di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, il pagamento della prestazione può eccezionalmente essere richiesto in via diretta all’INPS e senza obbligo per l’impresa di produrre documentazione comprovante difficoltà finanziarie.
Le aziende che hanno già in corso un’autorizzazione di CIGO o di assegno ordinario o hanno presentato domanda di CIGO o di assegno ordinario non ancora autorizzata, con qualsiasi causale, possono richiedere comunque la CIGO o l’assegno ordinario con causale COVID-19 nazionale, anche per periodi già autorizzati o per periodi oggetto di domande già presentate e non ancora definite. In caso di concessione, l’Istituto provvederà ad annullare d’ufficio le precedenti autorizzazioni o le precedenti domande relativamente ai periodi sovrapposti. Resta fermo che le nuove autorizzazioni con causale COVID-19 nazionale possono essere concesse solo per periodi a decorrere dal 23 febbraio 2020 o da data successiva al 23 febbraio 2020, per massimo 9 settimane e non oltre il 31 agosto 2020.
L’INPS informa che le domande di CIGO e Assegno Ordinario, presentate erroneamente con causale Emergenza COVID-19 D.L. 9/2020 da aziende non rientranti nel campo di applicazione del decreto-legge n. 9/2020, sono convertite d’ufficio, in domande con causale COVID-19 nazionale, purché il periodo richiesto decorra dal 23 febbraio 2020 o da data successiva al 23 febbraio 2020 e per una durata complessiva comunque non superiore a 9 settimane.
L’INPS ritorna sull’annosa questione dell’eventuale presenza di ferie pregresse e ribadisce che non è ostativa all’eventuale accoglimento dell’istanza di CIGO o Assegno Ordinario e pertanto i dati sulle ferie ancora da fruire dai lavoratori interessati dalla richiesta di integrazione salariale non sono richiesti. Pertanto, nella domanda di CIGO non è più presente il campo nel quale veniva fornito tale elemento informativo.
L’INPS richiama l’articolo 3, comma 7, del D.lgs. n. 148/2015, ai sensi del quale “il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista”.
L’Inps rammenta, infine, che per il Fondo di solidarietà bilaterale dell’Artigianato e il Fondo di solidarietà bilaterale per i lavoratori in somministrazione di cui all’articolo 27 del D.lgs. n. 148/2015, Fondi non gestiti dall’INPS, è stata prevista l’erogazione di un assegno ordinario a carico dei medesimi Fondi, prevedendo inoltre uno specifico stanziamento a carico del bilancio statale per complessivi 80 milioni di euro, per l’anno 2020, che saranno trasferiti ai rispettivi fondi con decreti ministeriali.
Cassa integrazione ordinaria per le aziende che si trovano in Cassa integrazione straordinaria ai sensi dell’articolo 20 del decreto-legge n. 18/2020
In base all’articolo 20 del decreto-legge n. 18/2020, le imprese che alla data del 23 febbraio 2020 hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario (ad esempio, per contratto di solidarietà o per riorganizzazione) e che devono sospendere il programma di CIGS a causa dell’interruzione dell’attività produttiva a seguito dell’emergenza COVID-19, possono accedere alla CIGO di cui all’articolo 19 del medesimo decreto, qualora dette aziende rientrino nella disciplina delle integrazioni salariali ordinarie (cfr. art. 10 del D.lgs. n. 148/15). Le aziende che non rientrano nel campo di applicazione della CIGO, possono solo presentare domanda di cassa integrazione in deroga, come successivamente specificato.
Nell’eventualità di cui al precedente punto, la domanda di integrazione salariale ordinaria deve essere presentata per la causale COVID-19 nazionale – sospensione CIGS, appositamente prevista.
La CIGO così richiesta sospende e sostituisce il trattamento di integrazione salariale straordinario in corso, ma l’INPS chiarisce anche che, nello specifico, la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale è subordinata alla sospensione degli effetti della concessione della cassa integrazione straordinaria precedentemente autorizzata. Pertanto, su specifica indicazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l’azienda deve presentare al Ministero stesso apposita richiesta di sospensione del trattamento di CIGS in corso. L’istanza deve essere inoltrata nel canale di comunicazione attivo nella piattaforma CIGS online del Ministero. Saranno considerate validamente presentate anche le richieste inoltrate all’indirizzo di posta elettronica ordinaria (PEO) dgammortizzatorisocialidiv4@lavoro.gov.it o di posta elettronica certificata (PEC) dgammortizzatorisociali.div4@pec.lavoro.gov.it della Divisione IV della Direzione generale degli ammortizzatori sociali e formazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
La predetta Direzione generale adotta un unico decreto direttoriale che, senza soluzione di continuità, dispone sia la sospensione del trattamento CIGS in corso – considerando tali quelli perfezionati o attivati dopo la data del 23 febbraio 2020 fino alla data di emanazione della circolare n. 47/2020 – indicando la data di decorrenza di detta sospensione, corrispondente al numero di settimane di CIGO che l’azienda ha chiesto con causale COVID-19 nazionale-sospensione CIGS, e la riassunzione del provvedimento sospeso con la nuova data finale del trattamento CIGS.
La Direzione centrale Ammortizzatori sociali dell’Inps provvederà – a detta dell’Istituto – a caricare nella procedura “Sistema UNICO” i decreti ministeriali che dispongono la sospensione della CIGS. Le Strutture territoriali dovranno quindi chiedere l’annullamento parziale dell’autorizzazione collegata al decreto originario alla casella SistemaUnico.PSR@inps.it, allegando il file Excel di cui all’Allegato n. 2 della circolare n. 47/2020, con la rimodulazione del periodo e delle ore precedentemente autorizzate. Solo dopo il caricamento in procedura del decreto ministeriale di sospensione della CIGS e l’annullamento parziale dell’originaria autorizzazione le domande di CIGO per COVID-19 nazionale – sospensione CIGS potranno essere approvate.
Al termine della CIGO, l’azienda potrà chiedere all’INPS, tramite l’invio del modello telematico “SR40”, una nuova autorizzazione sul secondo decreto per completare il programma di CIGS sino alla nuova data di scadenza.
Alla cassa integrazione ordinaria concessa ai sensi dell’articolo 20 del D.L. n. 18/2020 si applica la medesima disciplina illustrata per i trattamenti richiesti con causale CIGO COVID-19 nazionale.
Disciplina dell’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale (FIS)
L’Assegno Ordinario è concesso limitatamente a nove settimane e nell’anno 2020, anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale (FIS) che occupano mediamente più di 5 dipendenti (vedasi l’allegato n. 1 della circolare n. 47/2020).
Al trattamento non si applica il tetto aziendale di cui all’articolo 29, comma 4, del D.lgs. n. 148/2015.
Le aziende con dimensione aziendale sopra i 15 dipendenti hanno la possibilità di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, così come, in via eccezionale, richiedere il pagamento diretto da parte dell’INPS, che in questo non richiederà la produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa.
Le aziende con dimensione aziendale superiore ai 5 e fino ai 15 dipendenti, invece, potranno accedere solo al pagamento diretto.
Durante il periodo di percezione dell’Assegno Ordinario – informa l’INPS – non è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare.
Possono presentare domanda di Assegno Ordinario anche i datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 23 febbraio n. 6 (23/02/2020), hanno in corso un assegno di solidarietà. La concessione del trattamento ordinario sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso. La concessione dell’assegno ordinario può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari dell’assegno di solidarietà, a totale copertura dell’orario di lavoro.
La durata di tale trattamento di integrazione salariale non può essere superiore a nove settimane e deve concludersi entro il 31 agosto 2020. I periodi in cui vi è sospensione dell’assegno di solidarietà e sostituzione del medesimo con l’assegno ordinario non sono conteggiati ai fini dei limiti dei 24 mesi nel quinquennio mobile, previsto per il computo della
durata massima complessiva del trattamento di cui all’articolo 4, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 148/2015, né si tiene conto, ai fini della durata, del limite delle 26 settimane nel biennio mobile di cui all’articolo 29, comma 3, del D.lgs. n. 148/2015. Per questi periodi non è dovuto il pagamento del contributo addizionale di cui all’articolo 29, comma 8, secondo periodo, del D.lgs. n. 148/2015
Assegno ordinario dei Fondi bilaterali di cui all’articolo 26 del D.lgs. n. 148/2015
Ciascuna domanda di accesso all’Assegno Ordinario, con causale COVID-19 nazionale, può essere accolta nei limiti dei tetti aziendali previsti dai regolamenti dei rispettivi Fondi. L’INPS precisa che i datori di lavoro iscritti ai Fondi in questione, non aventi la disponibilità finanziaria (tetto aziendale) ovvero aventi una disponibilità parziale per l’accesso alla prestazione di assegno ordinario, in assenza di altri motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, potranno comunque accedere alla suddetta prestazione, nei limiti delle risorse finanziarie previste dal DL 18/2020.
Laddove l’accesso alla prestazione di Assegno Ordinario sia subordinato al preventivo espletamento delle procedure sindacali con obbligo di accordo aziendale, ai fini dell’accoglimento dell’istanza, sarà ritenuto valido anche un accordo stipulato in data successiva alla domanda, che l’azienda dovrà comunque comunicare all’Istituto. Pertanto, in assenza di una espressa deroga legislativa che dispensi in tal senso i datori di lavoro, in mancanza di tale adempimento la prestazione non potrà essere autorizzata.
Anche per questi Fondi, L’INPS ribadisce che, tenuto conto del carattere eccezionale della nuova causale, l’iter istruttorio delle domande è semplificato rispetto a quello ordinario, in quanto la valutazione in ordine alla integrabilità della causale COVID-19 nazionale non implica alcuna verifica sulla sussistenza dei requisiti della transitorietà e della non imputabilità dell’evento. Quindi, i datori di lavoro non sono obbligati ad allegare, a corredo della domanda, la scheda causale, né ogni altra documentazione probatoria.
Quanto alle modalità di pagamento della prestazione, rimane inalterata la possibilità per l’azienda di anticipare le prestazioni e di conguagliare gli importi successivamente, così come, in via di eccezione, la possibilità di richiedere il pagamento diretto da parte dell’INPS; vista la particolare situazione di emergenza, in questo ultimo caso le aziende potranno chiedere il pagamento diretto senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa.
Assegno ordinario dei Fondi di solidarietà bilaterali alternativi di cui all’articolo 27 del D.lgs. n. 148/2015
I datori di lavoro interessati possono presentare domanda di accesso all’Assegno Ordinario con la nuova causale emergenza COVID-19 ai Fondi bilaterali alternativi. Gli oneri finanziari relativi alla predetta prestazione sono a carico del bilancio dello Stato nel limite di 80 milioni di euro per l’anno 2020, trasferiti ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato: l’INPS fa presente che il Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato non prevede limiti dimensionali e che non rileva se l’azienda sia in regola con il versamento della contribuzione al Fondo. L’unico requisito rilevante ai fini dell’accesso all’assegno ordinario con causale emergenza COVID-19 è l’ambito di applicazione soggettivo del datore di lavoro, con codice di autorizzazione 7B.
Domande di accesso all’assegno ordinario: la domanda di accesso alle prestazioni per i due Fondi di solidarietà bilaterali alternativi oggi attivi non deve essere presentata all’INPS, ma direttamente presso i rispettivi Fondi. Analogamente a tutti gli altri settori interessati dalla normativa speciale del decreto-legge n. 18/2020, anche per queste categorie di aziende dell’artigianato e dei lavoratori somministrati sarà possibile ricorrere esclusivamente all’ammortizzatore ordinario del settore e non alla cassa integrazione in deroga.
Cassa integrazione in deroga
In base all’articolo 22, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020, le Regioni e le Province autonome interessate possono riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane, con riferimento ai datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovano applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro.
Considerato che il periodo di CIG è espresso in settimane, le Regioni, previa verifica che le aziende non hanno già usufruito dell’intero periodo concedibile, potranno con un ulteriore decreto, concedere il periodo residuo, sempre nel rispetto del limite delle nove settimane di concessione.
L’INPS ribadisce che, i datori di lavoro che hanno diritto di accedere alle prestazioni ordinarie (CIGO e assegno ordinario garantito dal FIS o dai Fondi di cui all’articolo 26, 27 e 40 del D.lgs. n. 148/2015), dovranno richiedere la prestazione con causale COVID-19 Nazionale alla propria gestione di appartenenza e non potranno accedere alle prestazioni in deroga. Ne deriva altresì che potranno accedere alla prestazione in parola le aziende che, avendo diritto solo alla CIGS, non possono accedere ad un ammortizzatore ordinario con causale COVID-19 nazionale (l’INPS cita ad esempio le aziende del commercio e le agenzie di viaggio e turismo sopra i 50 dipendenti).
Quanto agli accordi sindacali previsti dal comma 1 dell’articolo 22 del decreto-legge Cura Italia, l’INPS specifica che i datori di lavoro con dimensioni aziendali fino ai 5 dipendenti sono esonerati dall’accordo, mentre per dimensioni aziendali maggiori, la cassa integrazione in deroga sarà autorizzata dalle Regioni e Province autonome previo accordo, raggiunto anche in via telematica, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro. Si considera, altresì, esperito l’accordo di cui all’art. 22, comma 1, con la finalizzazione della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto di cui all’articolo 19, comma 1.
La disposizione riconosce ai beneficiari dei trattamenti in argomento la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori (ANF) ove spettanti.
Il trattamento integrativo in deroga si applica esclusivamente per quei lavoratori che sono impossibilitati, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, a prestare la propria attività lavorativa, purché risultino alle dipendenze dell’azienda richiedente la prestazione alla data del 23 febbraio 2020. Tra tali lavoratori rientrano anche i lavoratori intermittenti di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, occupati alla data del 23 febbraio 2020. L’accesso dei lavoratori intermittenti al trattamento in deroga è riconosciuto ai sensi della circolare INPS n. 41 del 2006 e nei limiti delle giornate di lavoro effettuate in base alla media dei 12 mesi precedenti.
Poiché l’emergenza epidemiologica da COVID-19 rientra nel novero degli eventi oggettivamente non evitabili (c.d. E.O.N.E), per il trattamento di cui al comma 1 dell’articolo 22 in commento, non si applicano le disposizioni relative al requisito dell’anzianità di effettivo lavoro, previsto dall’articolo 1, comma 2, primo periodo, del D.lgs. n. 148/2015, né è dovuto il contributo addizionale, di cui all’articolo 5 del medesimo decreto legislativo. Non si applica altresì la riduzione in percentuale della relativa misura di cui all’articolo 2, comma 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, in caso di proroghe dei trattamenti di cassa integrazione in deroga.
L’Istituto ritiene altresì che, considerata la ratio della norma di garantire tutele omogenee tra i diversi settori, seppur sottoposte a procedimenti concessori distinti, anche per la CIGD richiesta con la causale COVID-19 nazionale, come per la CIGO e l’assegno ordinario, l’eventuale presenza di ferie pregresse non è ostativa all’accoglimento dell’istanza (cfr. il messaggio INPS n. 3777/2019).
L’INPS poi ricorda che la prestazione è concessa con decreto delle Regioni e delle Province autonome interessate, le quali provvedono anche alla verifica della sussistenza dei requisiti di legge, fatto salvo quanto previsto con riferimento alle c.d. aziende plurilocalizzate, per le quali la prestazione sarà concessa con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, similmente a quanto già previsto in passato per la cassa integrazione in deroga (si rinvia alla Circolare Inps n. 47/2020 per i dettagli).
Le Regioni inviano all’Istituto, in modalità telematica tramite il “Sistema Informativo dei Percettori” (SIP), entro quarantotto ore dall’adozione, il decreto di concessione, unitamente alla lista dei beneficiari, la cui efficacia è, in ogni caso, subordinata alla verifica del rispetto dei limiti di spesa previsti. Sarà l’Istituto che provvederà all’erogazione della prestazione. Pertanto, le domande di accesso alla cassa in deroga devono essere presentate esclusivamente alle Regioni e alle Province autonome interessate, che effettueranno l’istruttoria secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse.
L’Istituto provvede al monitoraggio della spesa fornendo i risultati dell’attività al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e alle Regioni e Province autonome interessate. Al superamento del limite di spesa, anche in via prospettica, le Regioni e le Province autonome non potranno emettere altri provvedimenti concessori.
Istruzioni operative e modalità di pagamento
Le Regioni, verificati i requisiti di accesso, trasmettono all’Istituto i provvedimenti di concessione, unitamente alla lista dei beneficiari, corredati dalle relative domande aziendali (modello “SR 100”). La trasmissione dovrà avvenire esclusivamente per il tramite del Sistema Informativo dei Percettori (SIP), attraverso l’utilizzo del cosiddetto “Flusso B”, indicando il numero di decreto convenzionale “33193”, appositamente istituito.
L’INPS ricorda che, ai sensi del comma 6 dell’articolo 22 del decreto Cura Italia, la cassa in deroga può essere concessa esclusivamente con la modalità di pagamento diretto da parte dell’INPS, applicando la disciplina di cui all’articolo 44, comma 6-ter, del D.lgs. n. 148/2015. Ne consegue che il datore di lavoro è obbligato ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale (modello “SR 41”), entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della
concessione o alla data del provvedimento di autorizzazione al pagamento da parte di INPS, se successivo. Trascorso inutilmente tale termine il pagamento della prestazione e degli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Le Strutture territoriali dell’INPS procederanno con sollecitudine all’emissione del provvedimento di autorizzazione al pagamento ed alla contestuale notifica dello stesso, via PEC, al datore di lavoro.
Solo successivamente alla ricezione del provvedimento di autorizzazione, i datori di lavoro dovranno inoltrare all’Istituto la documentazione per la liquidazione dei pagamenti, avvalendosi del modello SR 41, al fine di consentire alle Strutture territoriali di erogare le prestazioni in argomento con le stesse modalità in uso per le prestazioni di CIG in deroga. Non si potrà dare luogo a pagamenti in assenza del numero di autorizzazione.
Adempimenti contributivi
L’INPS ribadisce che alle integrazioni salariali emergenziali trattate dalla circolare n. 47/2020 (CIGO e Assegno Ordinario con causale COVID-19 nazionale e cassa integrazione in deroga) non si applica il contributo addizionale di cui agli articoli 5, 29, comma 8, secondo periodo, e 33, comma 2, del D.lgs. n. 148/2015.
Tutti i trattamenti di integrazione, qualora il datore di lavoro sia tenuto ad anticipare la prestazione al lavoratore, soggiacciono alla disciplina prevista dall’articolo 7, comma 3, del D.lgs. n. 148/2015 (termine semestrale di decadenza).
Per quanto attiene all’ipotesi di accesso all’integrazione ordinaria o in deroga da parte di datore di lavoro che abbia già in corso un periodo di integrazione salariale straordinaria, si precisa, considerato quanto disposto dall’articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020 (il quale prevede la sospensione – e non l’interruzione – degli effetti della concessione della cassa integrazione precedentemente autorizzata), che il termine di decadenza decorre dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione di CIGS o dalla data del provvedimento di concessione se successivo, secondo quanto previsto dal già richiamato articolo 7, comma 3, del D.lgs. n. 148/2015.
Inoltre, tenuto conto che il periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale concesso ai sensi dell’articolo 19 del decreto-legge n. 18/2020 non è conteggiato ai fini dei limiti previsti dall’articolo 4, commi 1 e 2, e dall’articolo 12 del D.lgs. n. 148/2015, si precisa che il suddetto periodo non rileva neanche ai fini della determinazione della misura dell’aliquota del contributo addizionale – previsto dall’articolo 5 dello stesso decreto legislativo – eventualmente dovuto dal datore di lavoro per successivi periodi di integrazione salariale o per i residui periodi di integrazione salariale straordinaria sospesa ai sensi dell’articolo 20 del decreto-legge n. 18/2020.
Per ogni ulteriore chiarimento, il nostro Servizio Sindacale (Dott. Federico Vecchi f.vecchi@confapiemilia.it) è a Vostra disposizione.
Cordiali saluti
Dott. Stefano Bianchi
Direttore
Confapi Emilia