News

Coesistenza competitiva – A cura di Massimo Collina

a cura di Massimo Collina

Introduzione 

Le notizie economiche di quest’estate fotografano un’economia USA con il vento in poppa, trainata dalla “Bideneconomics” che ha avuto il merito di far rientrare l’inflazione e garantire un ottimo tasso di occupazione, e quella cinese che arranca, colpita dal default di Evergrande, il più grande promotore immobiliare del paese. A questo fallimento potrebbero seguirne altri, viste le difficoltà dell’intero settore, difficoltà che potrebbero estendersi anche al settore bancario ombra grazie al quale è stata garantito il boom del real estate negli ultimi 20 anni. Ma è davvero questo lo stato dell’economia mondiale?

In un articolo apparso a luglio su Bloomberg dal titolo: “L’America ha ancora la leadership, ma i suoi alleati sono a disagio”, lo storico britannico Niall Ferguson afferma, che “un ingrediente essenziale della leadership è una destinazione stimolante. Dov’è esattamente che gli Stati Uniti vorrebbero che i loro alleati li seguissero?” Una buona risposta a questa domanda può essere trovata nel rapporto Global Trends 2040 del National Intelligence Council, che prevede cinque scenari da qui a 17 anni.

Quello desiderato è ovviamente “Rinascita della democrazia”, in cui gli Stati Uniti guidano la rinascita di quello che oggi siamo soliti chiamare il mondo libero. Ma vale la pena anche vedere le altre quattro destinazioni: in “Un mondo alla deriva”, la Cina ha la leadership, ma a livello globale non è uno stato dominante. In “Coesistenza competitiva“, gli Stati Uniti e la Cina prosperano e competono per la leadership in un mondo biforcuto. “Silos separati” ritrae un mondo in cui la globalizzazione si è spezzata e in cui emergono blocchi economici e di sicurezza, per proteggere gli stati dalle crescenti minacce. Infine in “Tragedia e mobilitazione” si prevede un cambiamento rivoluzionario dal basso verso l’alto, sulla scia del devastante impatto della crisi ambientale globale.

Dopo solo due anni dalla pubblicazione di questo documento, Ferguson ritiene che quello che si stia materializzando il terzo scenario: la rivalità USA-Cina viene incanalata nella competizione per i mercati, le risorse e la reputazione. L’interdipendenza economica rafforzata riduce il rischio di conflitti armati. La competizione passa attraverso operazioni di influenza, spionaggio aziendale e attacchi informatici, che consentono loro di raggiungere obiettivi senza rischiare guerre distruttive. La sfida centrale per la sicurezza è mantenere la competizione geopolitica tra Stati Uniti e Cina senza minare la cooperazione economica su cui si fonda la loro prosperità e da cui dipende l’economia globale.

Noi europei abbiamo la sgradevole sensazione di trovarci in mezzo a due superpotenze, in una nuova guerra fredda. Sappiamo che la colpa è in parte della Cina, ma considerano gli Stati Uniti ugualmente colpevoli, anche se superficialmente. Guidata dagli Stati Uniti, l’alleanza transatlantica sta rispondendo meglio delle previsioni all’invasione russa dell’Ucraina dello scorso anno. Il problema è che i contributi dei 38 paesi che sostengono lo sforzo bellico dell’Ucraina non sono ugualmente distribuiti, ma seguono una legge di potere. In parole povere, c’è un contributore molto grande e altri molto piccoli. I maggiori contributori sono ovviamente gli Stati Uniti.

Gli impegni statunitensi di ogni tipo nei confronti dell’Ucraina (finanziari, umanitari e militari) sono sette volte maggiori di quelli del secondo stato, il Regno Unito. Sono superiori del 15% rispetto agli impegni totali di tutti i membri ed istituzioni della UE messi insieme. Tuttavia, la leadership estera statunitense si fonda sul sostegno degli elettori, e i soci americani non vogliono pagare una quota sproporzionata del costo della difesa dell’Europa. A conti fatti si può sostenere che la guerra in Ucraina è nettamente positiva per l’economia degli Stati Uniti e nettamente negativa per l’economia della Germania (la distruzione dell’oleodotto North Stream ha avuto un impatto decisivo sull’equilibrio di entrambe le bilance).

A 15 mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, il pubblico americano è ancora a bordo, grazie ad un infinito supporto mediatico. Secondo un recente sondaggio di Harvard Harris, solo il 23% degli americani pensa che l’amministrazione del presidente Joe Biden ha fatto “troppo” per contrastare la Russia in Ucraina. Mentre solo il 15% pensa che l’amministrazione Biden sia stata troppo dura nella politica estera verso la Cina.

Considerazioni economiche

Finché l’economia americana cresce più di quella dei suoi alleati e rivali, Washington può permettersi di mantenere la leadership. Quindi se prendiamo per buono quello che ci raccontano i media, le cose stanno andando bene, ma se lo osserviamo più da vicino il quadro è contrastato. Le finanze pubbliche americane sono su un sentiero insostenibile: Il deficit federale dovrebbe essere superiore al 5% del PIL per i prossimi 10 anni, raggiungendo il 7,3% nel 2033. Gli interessi del debito dovrebbero superare la spesa per la difesa nel 2029. La storia degli imperi che, in passato, spendevano più in interessi che in sicurezza nazionale non è incoraggiante.

La forza del mercato del lavoro e la resilienza dei consumatori sono sorprendenti. Una parte della spiegazione è lo stimolo in corso dell’economia da parte dell’amministrazione Biden. L’America sta attraversando un boom della costruzione di fabbriche, questo fa parte di ciò che si ottiene con circa 1.200 miliardi di dollari di sovvenzioni legate alle infrastrutture, circa lo stesso importo in sovvenzioni verdi e 39 miliardi di dollari in sussidi per la produzione di semiconduttori.

Ufficialmente, gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono dalla stessa parte quando si tratta di “ridurre i rischi” delle loro relazioni economiche con la Cina. Ma in privato, noi europei qualche dubbio lo nutriamo. In primo luogo “l’Inflation Reduction Act” (l’edizione Biden dell’”America First”), ci appare come lo strumento per tenere fuori l’EU dalla corsa all’intelligenza artificiale. Ci preoccupano inoltre le conseguenze involontarie che derivano dalla politica statunitense di contenimento tecnologico della Cina. Il disaccoppiamento dalla Cina è molto difficile da fare, basti pensare agli enormi investimenti che le case automobilistiche europee hanno fatto nelle fabbriche di veicoli elettrici cinesi.

Osservazioni sugli investimenti

La politica monetaria della Fed è piuttosto incoerente, con una mano alza il costo del denaro per ridurre la liquidità sui mercati e favorire un rientro dell’inflazione, con l’altra continua ad aumentare gli strumenti di prestito bancario. I prestiti bancari non sono niente altro che un sussidio al settore e, se le linee di prestito bancario aumentano ulteriormente, l’inflazione dei prezzi al consumo rimarrà più elevata.

Potremmo sostenere che ci sono settori nell’economia USA dove la liquidità è molto limitata (banche regionali, immobili commerciali, ecc.) e altri settori (azioni) dove la liquidità è abbondante. Le “Magnifiche 7” dello S&P 500 (AAPL, MSFT, GOOGL, AMZN, NVDA, TSLA, META) hanno restituito un +40% da inizio anno, mentre le altre 493 azioni dell’indice sono piatte o negative. Nel 2017 il rialzo dell’indice USA è stato trainato dal 40% delle azioni, nel 2019 dal 65% e nel 2021 dal 52%. Nella prima metà di quest’anno da poco più dell’1%, tutto legato all’IA generativa, che ha consegnato l’80% dei rendimenti dell’indice…

Potrebbe accadere che, nonostante la correzione estiva, il mercato azionario statunitense rimanga su valori elevati, ma che il denaro si sposti da settori cari (high-tech e tutto ciò che riguarda l’intelligenza artificiale) verso settori relativamente depressi, come l’energia, il settore bancario, le risorse naturali, le materie prime, i metalli preziosi, ma anche nei mercati europei ed emergenti. In particolare l’energia è il settore più a buon mercato non solo all’interno del mercato azionario statunitense, ma anche in tutto il mondo. Il settore meno costoso all’interno dell’S&P 500, ma che genera la maggior parte della liquidità. Infine tassi d’interesse più elevati potrebbero favorire il settore bancario. Un importante miglioramento degli indici azionari in tutto il mondo, in un contesto come quello attuale (tassi d’interesse in rialzo), non può prescindere dalla forza dei titoli finanziari.