LA DISCIPLINA DEL DISTACCO TRANSNAZIONALE E DEL LAVORO ALL’ESTERO

Secondo l’art. 2 della Direttiva 96/71/CE, è da ritenersi lavoratore distaccato quello che, per un periodo di tempo limitato, presta la propria attività lavorativa nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui svolge abitualmente il lavoro.
LA NORMATIVA DEL DISTACCO TRANSNAZIONALE
L’istituto del “distacco transnazionale” è disciplinato dal D.lgs n. 136/2016 e si configura nell’ipotesi in cui un’impresa di uno Stato membro dell’Ue (ovvero di una agenzia di somministrazione) distacchi in Italia uno o più lavoratori.
Obiettivi della normativa in materia e riferimenti
La normativa posta alla base del “distacco transnazionale” si pone diversi obiettivi:
- coordinare le normative nazionali degli Stati membri;
- evitare il social dumping, ovvero quel fenomeno secondo cui la concorrenza tra prestatori situati in diversi Stati membri, viene alterata dal livello di tutela diverso a seconda dell’ordinamento nazionale preso a riferimento;
- garantire ai lavoratori inviati in distacco il rispetto di tutele minime e/o equivalenti a quelle che vengono riconosciute ai lavoratori del Paese in cui prestano attività lavorativa.
In particolare, a livello legislativo, l’Unione Europea disciplina il “distacco transnazionale” attraverso tre direttive principali che possono definirsi come complementari tra di loro:
- Direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di prestazioni di servizi e che serve per individuare il così detto nocciolo duro della normativa che deve essere applicata dal datore di lavoro distaccante;
- Direttiva 2014/67UE concernente l’applicazione della direttiva sopra riportata;
- Direttiva 2018/957/UE che ha modificato e rafforzato la disciplina contenuta nella direttiva 96/71/CE;
- Direttiva 2019/1152/UE relativa alle condizioni di lavoro trasparenti nell’Ue e che si sostanzia nel diritto del lavoratore all’informazione.
I requisiti di liceità del “distacco transnazionale”
Come per il distacco nazionale, anche per quello transnazionale sono previsti dei requisiti affinché l’istituto possa considerarsi come autentico:
- l’impresa distaccante deve essere realmente stabilita nello Stato membro inviante ovvero deve esercitare effettivamente l’attività economica per il tramite di una stabile organizzazione in cui viene svolta l’attività di prestazione di servizi (a tal proposito rilevano, per esempio, la sede legale e amministrativa dell’azienda, il luogo in cui l’impresa esercita l’attività economica, il fatturato dell’azienda);
- lo svolgimento dell’attività di distacco deve essere temporaneo. Nello specifico, quando si parla di temporaneità del distacco, nell’ambito del distacco transnazionale, si fa riferimento ad un periodo massimo pari a 12 mesi, elevabili a 18 previa notifica motivata da parte del prestatore di servizi (si evidenzia che, in ogni caso, il periodo totale dovrà essere calcolato sommando tutti i periodi di distacco svolti dal lavoratore).
Adempimenti amministrativi
L’impresa che distacca lavoratori in Italia deve fornire al Ministero del Lavoro i dati relativi:
- al distacco;
- ai soggetti coinvolti;
- alla durata del periodo in cui il lavoratore viene distaccato;
- al luogo e al tipo di prestazione e/o servizi resi.
Il DM n. 170 del 6 agosto 2021 prevede, in capo al datore di lavoro distaccante, il rispetto di alcuni adempimenti amministrativi aventi l’obiettivo di informazione e comunicazione del distacco:
- la trasmissione della comunicazione deve avvenire in modalità telematica, tramite il modello UNI_DISTACCO_UE entro la mezzanotte del giorno precedente alla decorrenza del distacco. La comunicazione può essere annullata entro la mezzanotte del giorno precedente a quello di inizio del distacco;
- ogni variazione, in relazione al distacco stesso, dovrà essere comunicata entro 5 giorni dal verificarsi dell’evento modificativo;
- in caso di variazione della data di inizio del distacco, la stessa dovrà essere modificata entro la mezzanotte del giorno precedente la decorrenza del distacco;
- la notifica motivata, per i distacchi di lunga durata, deve essere trasmessa entro 5 giorni dal superamento dei 12 mesi di durata del distacco.
Conseguenze sanzionatorie
In caso di distacco illecito e di violazione degli obblighi di comunicazione previsti, è prevista l’applicazione di sanzioni amministrative nei confronti delle aziende coinvolte.
In aggiunta il lavoratore ha la possibilità di rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro in capo all’impresa distaccataria per la quale ha svolto la prestazione.
L’ipotesi di distacco non autentico non configura comunque un caso di “lavoro nero” e di conseguenza, non è applicabile la così detta maxi-sanzione.
IL LAVORO ALL’ESTERO
La disciplina del lavoratore di un’azienda italiana inviato all’estero, comporta l’insorgenza di una serie di problematiche, legate principalmente alla gestione contrattuale del dipendente, all’individuazione del corretto regime fiscale e contributivo applicabile, alla gestione degli adempimenti amministrativi.
Al fine di individuare le problematiche legate a tali aspetti, risulta fondamentale individuare il Paese di destinazione del lavoratore inviato.
Invio in distacco in un Paese Ue
Nello specifico si considera distaccato, secondo il diritto dell’Ue, il lavoratore che, occupato nel territorio nazionale presso l’impresa da cui dipende, viene inviato in un altro Paese Ue a lavorare, per conto e nell’interesse dell’impresa stessa, per un periodo non superiore a 12 mesi.
Per quanto riguarda la partecipazione alle fiere si fa riferimento a quanto indicato nella nota Inl del 5 giugno 2027.
Adempimenti amministrativi
Sotto questo profilo occorre innanzitutto ricordare come all’interno dell’Unione Europea viga il principio della libera circolazione delle persone. E’ sufficiente, pertanto, che il lavoratore comunitario si in possesso di un regolare documento d’identità in corso di validità, dal quale risulti la qualità di cittadino comunitario. Non è di conseguenza necessario ottenere alcuna autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro.
Il datore di lavoro dovrà però comunicare telematicamente al centro per l’impiego, tramite modello UNILAV, la modifica temporanea del luogo di svolgimento delle prestazioni del dipendente, entro 5 giorni dall’invio dello stesso nell’altro Paese Ue.
Nell’ambito dei rapporti con il dipendente resta ferma la necessità della sottoscrizione di una lettera con cui si comunica il distacco.
Occorre poi ricordare che il lavoratore ha l’obbligo di iscrizione all’AIRE in caso di trasferimento della residenza all’estero per un periodo superiore a 12 mesi.
Disciplina del rapporto di lavoro
L’art. 4 del D.lgs n. 136/2016 stabilisce che al lavoratore distaccato si debbano comunque applicare le stesse condizioni di lavoro e di occupazione previste dalla legge e dai contratti collettivi ed applicate ai lavoratori che svolgono in Italia le stesse prestazioni del soggetto distaccato. Per quanto poi riguarda la contrattazione collettiva, occorre fare riferimento ai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.lgs n. 81/2015, cioè ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ed ai contratti collettivi stipulati dalle Rsa o dalle Rsu.
Invio in distacco in un Paese extra Ue convenzionato con l’Italia
Al di fuori del confine comunitario, sono previsti degli accordi che derogano al principio di territorialità (cioè, al principio generale secondo il quale deve applicarsi la legislazione dello Stato in cui si svolge il distacco), nel rispetto di determinate condizioni. In forza di questi accordi, quali convenzioni bilaterali nazionali, è consentito al cittadino italiano di mantenere il regime previdenziale dello Stato di provenienza per tutta la permanenza nello Stato estero.
Ogni convenzione contiene indicazione:
- della durata del distacco previdenziale e dell’eventuale previsione di proroga dello stesso;
- del formulario al fine di certificare la copertura assicurativa nel Paese di provenienza (modello PD-A1 da inviare tramite l’apposito servizio telematico all’interno del sito dell’Inail).
La convenzione può anche essere parziale; in questo caso il lavoratore è tenuto a versare determinati contributi sia nel Paese di provenienza che nel Paese estero.
Si sottolinea infine che ogni convenzione è a sé stante e che pertanto è necessario verificare caso per caso le condizioni stabilite.
Invio in distacco in un Paese extra Ue non convenzionato con l’Italia
Nel caso in cui il lavoratore venga distaccato in un Paese estero con il quale non è in vigore alcuna convenzione, deve applicarsi il principio della lex loci laboris, in forza del quale al lavoratore viene applicata la legislazione prevista nello Stato di svolgimento dell’attività lavorativa.
Aspetti previdenziali
Il lavoratore sarà assoggettato ad una doppia imposizione contributiva:
- in Italia dovrà obbligatoriamente versare la contribuzione prevista dall’Assicurazione Generale Obbligatoria (art. 1 par. 1 DL n. 317/1987);
- all’estero dovrà versare la contribuzione prevista secondo il principio di territorialità.
La contribuzione dovuta viene calcolata sulla base di apposite retribuzioni convenzionali, previste dalla legge n. 398/1987, e vengono definite annualmente dal Ministero del Lavoro. In questo caso l’aliquota per il calcolo è ridotta ed è pari al 10% delle aliquote IVS a carico azienda (art. 4 DL n. 317/1987). In base a quanto previsto nel Paese, vi potrebbe poi essere la necessità di provvedere all’apertura di una posizione separata per Inps e per Inail (in relazione alla doppia imposizione contributiva è sempre consigliato verificare la possibilità, in alcuni Paesi, di poter ottenere il rimborso dei contributi versati nel caso non si raggiunga un periodo minimo di contribuzione).
Aspetti fiscali
Nel momento in cui il lavoratore svolge attività lavorativa in un territorio diverso da quello italiano, occorre individuare in quale Stato il reddito da lavoro sarà soggetto ad imposizione fiscale.
Il concetto cardine alla base dell’imposizione fiscale riguarda la residenza di un soggetto ai fini fiscali, attraverso la quale vengono individuati i soggetti residenti come coloro che, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono iscritti nelle anagrafi della popolazione residente o hanno, nel territorio dello Stato, il domicilio o la residenza. La distinzione fondamentale è quindi legata al luogo di residenza fiscale del soggetto, in quanto:
- i soggetti residenti fiscalmente in Italia sono assoggettati ad imposizione dalla parte del fisco italiano sui redditi ovunque prodotti;
- i soggetti non residenti fiscalmente in Italia sono assoggettati ad imposizione italiana per i redditi prodotti sul territorio dello Stato, in base al principio di territorialità.
Per il lavoratore residente in Italia e che continua a qualificarsi, dal punto di vista fiscale, come soggetto residente in Italia, il reddito prodotto sarà assoggettato a tassazione, sia in Italia, sia nel Paese di destinazione.
Per eliminare la doppia imposizione, si può ricorrere ai principi contenuti nell’art. 15 delle convenzioni contro le doppie imposizioni. Tale articolo prevede che la remunerazione, che un soggetto residente in Italia riceve dallo svolgimento di attività in uno Stato estero, è imponibile solo nel primo Stato nel caso in cui siano presenti simultaneamente tre condizioni:
- il soggetto soggiorna nello Stato estero per un periodo e/o periodi non superiori alla metà del periodo d’imposta, corrispondenti a 183 giorni;
- le remunerazioni sono pagate per conto o da un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato (reddito erogato esclusivamente dal datore di lavoro italiano);
- il costo della remunerazione non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha individuato nello Stato estero.